Bolzano,
1958
Una domenica di primavera. L’aria era tiepida e qualche bassa
nuvola residuo della notte, pronta a dissolversi al sole. Silenzio rotto a tratti da cinguettii.
Achille e Beppa, due parrocchetti azzurro e giallo acido, vennero lasciati volare, liberi in una stanza. Achille, timido e introverso, si ritraeva all’avvicinarsi di una mano, preferendo
restare in un angolo della gabbia in un brontolio sommesso e incessante.
Beppa, al contrario, possedeva un carattere esplosivo. Strillava in
continuazione, beccando chiunque si avvicinasse e, non contenta, si lasciava
cadere di peso, sorreggendosi solo con il becco aguzzo. Una tortura. Avevano
ereditato i loro nomi dai vecchi nonni della famiglia, ricalcandone il
carattere. La nonna non beccava lasciandosi cadere
appesa alle sue vittime, ma era un pericolo costante.
Quella domenica mattina di primavera, i nonni si erano recati in visita dai nipoti. Al loro arrivo la casa si riempì di chiacchiere e
l’estroversa nonna, prima che chiunque potesse aprire bocca, spalancò allegramente le
finestre.