L`INIZIO DELLA MIA SECONDA VITA
Incomincio a
districare una matassa aggrovigliata di ricordi:
Suoni
Colori
Persone
Discorsi o frasi
Occhi mani
Stoffe tessuti
I luoghi:
1. La prima
casa, un piano sotto
2. La casa sulla
città
3. Uffici di
polizia
5.
S. Giacomo
Si può ricordare, raccontare,
leggere una storia diventata "di cronaca", al di fuori della
cronaca, al di fuori del già
letto, scritto, raccontato?
Si può usare un filo diverso, una
memoria delle cose, delle sensazioni.
Si possono dimenticare immagini
violente (che sia una difesa?) e fermare in noi tracce di odori, colori, suoni incisi così profondamente da essere indelebili. Che sia una
difesa?
Cerco una memoria diversa che mi
aiuti a non dimenticare, cerco la mia personale ricostruzione dei fatti, che ho
vissuto e che, raccontati da altri sono stati travisati, trasformati a tal
punto da perdere il contatto con la realtà .
Una
bambina (Roma, 1979)
In giro per la città. Cosa fare con una bambina
di dieci anni?
Lo zoo.
Uguale e triste come nelle altre città. Il museo etrusco. Che sbadigli. Trovato! San Pietro.
Le cose
di rito. Alla ricerca del punto da dove il colonnato si riduce alla metà della
metà. Magia!
La
basilica è ancora più grande, vista da un metro e mezzo scarso. Le scale per
salire sulla cupola, fanno soffrire me, non lei. Dov’è il Papa? E quella è la
piscina del Papa? E i giardini? Tutti suoi? Mamma, allora è ricco!
La Pietà
di Michelangelo la stupisce. Così piccola e bianca.
Al
ritorno a casa di amici, le chiedono qual è la cosa più bella che ha visto: "la Pietanza di Michelangelo"!
1. Suoni
Un urlo. Profondo, violento,
lontanissimo, come nel ricordo di altri tempi.
E' mio. Proviene da me, dalla mia
bocca, dai miei polmoni, dallo stomaco, dalle mie viscere.
Rimane nell'aria un numero
infinito di secondi. Poi, silenzio. Nessun suono rompe l' aria.
Niente auto, niente passi, voci
di bambini, niente.
Nella mia testa il vuoto
assoluto, la città ferma, immobile in un gelido, grigio pomeriggio di gennaio.
Poi altre voci, altre grida.
Prima una, due, poi sempre di più in una confusione assordante, l' una
sull'altra, rincorrersi e coprirsi, sovrastarsi e spegnersi, per poi
ricominciare.
Tutte uguali.
Dicono tutte le stesse cose, addirittura le stesse frasi, le stesse parole.
Cerco parole diverse, guardo bocche diverse che ripetono parole uguali. Sembra
abbiano imparato a memoria una poesia senza senso, rimbalza dall' uno
all'altro.
Una sirena,
forse due.
Un suono lungo
e profondo.
Nella
confusione lo scambio per un suono di speranza. Un' ambulanza. Uno
straordinario mezzo di salvezza. Lentamente, come una stella cometa si
allontana all' orizzonte, si spegne.
Sono sdraiata
su un divano non mio e rumori di passi ovattati e bisbiglii vengono dal
corridoio.
Non riconosco i
passi e non capisco le parole. Qualche viso sconosciuto si affaccia alla porta,
non riesco ad abbinarlo ai passi, ne alle parole.
E' notte. Esco
di casa. Mi da fastidio il rumore dei tacchi sul marmo grigiastro
dell'ingresso. Ho paura che mi vedano. Vado avanti perché altri passi
accompagnano i miei, vorrei volare sopra il terreno e diventare trasparente.
Attraverso la
città silenziosa e finalmente piango.
1. Stoffe -
tessuti
La stanza che
mi accoglie ha carta da parati. Forse una stoffa. Sono senza occhiali e non
vedo bene. E’ damascata; forse andrebbe bene in un ampio salone, pieno di
spazio vuoto. Questa stanza, abbastanza grande, é zeppa di mobili in stile e il
disegno che si rincorre sulle pareti la rende più piccola, intima mai.
2. Stoffe -
tessuti
Un fazzoletto bianco.
Tutto intorno un pizzo leggero. Deve essere vecchio, forse un caro ricordo,
sicuramente prezioso. Lo ricevo dalla più cara amica, in un momento di
emozione. E` morbido e delicato. Penso che sia l' unico tocco di gentilezza.
Quel fazzoletto così bianco racchiude in sé l' amore, la purezza, le cose più
dolci della vita.
1. Occhi - mani
Ricordo bene i
loro occhi sfuggenti. Occhi di giovani imbarazzati, che non hanno dove posare
uno sguardo in questo giroscale di condominio.
I loro occhi
vagano sperando di non incontrare i miei. Corpi con le mani nascoste. Chiedo di
passare, non sanno rispondermi, sbarrano la scala con le loro divise carta da
zucchero.
Si é formato un
muro di angoscia e di silenzio tra
di noi. Mi giro e torno indietro.
1. Discorsi -
frasi
Sdraiata su un
divano non cerco nemmeno di capire.
Entra un uomo.
Non lo conosco. Forse dice il suo
nome, il mio cervello non lo registra.
Dice poche
parole, le butta su di me con noncuranza e mi ritrovo a fare conti assurdi e la
mia vita finisce.
"Quanti
coltelli ha in cucina ?"
1. Occhi - mani
“Io sono la
nonna”.
Occhi, lo
sguardo fisso a terra, per non
incontrare altro sguardo, per non
vedere.
Le sue belle
mani senza energia, una a sorreggere il capo, l'altra abbandonata in grembo.
Un'immobilità
che sprigiona dolore e sgomento. In modo automatico ripete a me e a se
stessa: "Stai tranquilla,
stai tranquilla".
Due madri.
2. Persone
Nella stanza
filtrano solo suoni ovattati. Discorsi sussurrati, passi leggeri. Ogni tanto
qualcuno di famiglia viene a vedere se dormo o piango o desidero ricevere le
visite degli amici più cari. Sono in molti e scopro la sincerità dei loro
sentimenti insieme alle loro lacrime e alla loro incapacità di darmi conforto.
Nel silenzio di quei momenti vi é tutta la verità della nostra amicizia.
Ora mi dicono
con un filo di voce che sono arrivati mio padre e mia madre. E’ un momento che
temo. Ho bisogno di loro, ma non so affrontare tutto questo dolore. Ci
abbracciamo fortissimo, siamo dei naufraghi attaccati ad una tavola che non può
reggerci. Tra mia madre e me non ci possono essere parole, tutto é troppo
grande per noi. "Papà" dico "non piangere" . Risponde solo
: "Ti prego, lasciamelo fare, ne ho bisogno".
2. Persone
Mi annunciano
una visita e si premurano di chiedermi se sto bene, se ce la faccio. Mi dicono
che al citofono si presenta non con nome e cognome, ma con la qualifica : il
Procuratore della Repubblica. Non mi angoscia la sua presenza, ma la mia
impossibilità a dare risposte. Non so quanto tutto questo duri, mi accorgo che
i miei parenti entrano spesso nella stanza per sincerarsi delle mie condizioni.
Rispondo ad una sequenza infinita di domande che ritengo inutili, folli. Dovrei
essere io a fare domande. Sono io che non capisco. Mi guarda fisso, con gli
occhi lievemente socchiusi, mi fa sentire colpevole, sporca. Continua
incessantemente a chiedere, mi pone più volte le stesse domande. Sono stanca,
sfinita, vorrei stare sola, mi
chiede a bruciapelo: "Il suo ex-marito potrebbe uccidere sua
figlia?". Un Procuratore pieno di tatto.
1. Persone
Non so quanto
tempo é trascorso. Alla porta si affacciano spesso visi sconosciuti. Un uomo
entra nella stanza, viene verso di me e mi rivolge alcune domande. Sembra
prassi comune non presentarsi. Lo scambio per uno dei tanti poliziotti. Ho il
tempo di dirgli che non so, non capisco, ed entra nella stanza un altro uomo
che ad alta voce lo manda via e rivolgendosi a me : “Ma come, lei parla con un
giornalista?”.
1. Persone
E’ strano, ma
non riesco a ricordare il momento in cui ho visto Karl.
E’ questo uno
dei momenti che il troppo dolore ha cancellato dalla mia mente. Ho la
sensazione di avere vissuto solo occhi, sguardi persi nello stupore.
1. Persone
Arriva
Giuseppe, uomo di chiesa. E’come se la mia anima si aprisse di colpo. Mi esce dalla bocca un fiume
incontrollato di parole. E’ seduto sul divano, vicino a me e ricordo solo che
dice : “ No, non dire così”.
Mi dirà in
seguito di essere rimasto impressionato dalla profondità dei miei discorsi, ma
non ne ho che vaga memoria.
1. Frasi
"Signora,
guardi che qui non c´è il tenente Colombo!"
(un
"signore" della Squadra Mobile)
3. Colori
Il poliziotto
mi prende le dita ad una ad una e le preme sul cuscinetto intriso d´inchiostro
nero. Poi ruotandole le appoggia sulla carta bianca.
Le mie impronte
sono delle macchie informi. Mi spiegano che devono rilevarle per
"escluderle" dalle altre. Mi sento a disagio. Mi viene dato un
barattolo contenente una pasta biancastra da spalmare su quelle macchie nere.
Mi lavo freneticamente quella fanghiglia dalle mani. Più e più volte, come se
potessi lavare via tutto il dolore.
5. Persone
C´è troppa
gente. Quasi non riesco ad entrare. Mi faccio strada sospinta da altri e trovo
un posto nascosto. Vedo intorno i visi dei miei cari e molti volti sconosciuti.
Davanti, a sinistra, un mare di fiori. Sono spettatrice di un evento che non mi appartiene. Mia figlia è
dentro di me insieme a quel mare di fiori.
5. Colori
Cammino dietro
ad una macchina nera. È disperatamente lenta. Le sto troppo attaccata, fissando
lo sguardo sul bianco della cassa. Mi ripeto ogni passo, che lei non è lì.
3. Persone
Mi fanno
accomodare. Intorno alcune persone: il procuratore, una segretaria, un signore
robusto, con un cappello in testa, di cui non afferro il nome.
Il procuratore
inizia a parlare. Le sue frasi scivolano sulla mia mente senza lasciare
traccia.
Prende un
fascicolo con il nome della mia bambina scritto con un pennarello, lo apre, lo
sfoglia lentamente, lo gira verso di me ponendomi una domanda che non sento.
Sento le orecchie ronzare, la vista si appanna, mi sento scivolare verso il
basso. Due braccia forti mi prendono e insieme chiudono con stizza la teca con
la fotografia di mia figlia morta.
Ho continuato a
pensare al tenente Nocito come ad un angelo.
5. Persone
Non ho la forza
di mettermi, con alcuni dei miei familiari, in fila a stringere mani.
Mi avvio
lentamente verso l´ingresso principale, che mi pare lontanissimo. Sento dei
passi seguirmi e una voce maschile pronunciare il mio nome. Il mio direttore si
fa avanti, commosso. L'unica persona che è riuscita a vincere il muro
impenetrabile di dolore che mi si è costruito intorno.
5. Persone
La macchina mi
aspetta davanti all'ingresso principale. Sul sedile posteriore è seduta mia
madre. Non so come sia arrivata lì, prima di me. Immagino il suo passo veloce,
gli occhi fissi a terra, per non vedere nessuno e con la speranza infantile di
non essere vista. Mi siedo nell' auto, gli occhi sfuggenti, ci scambiamo una
frase banale per non superare quel sottile velo che ci separa da un pianto
irrefrenabile.
Colori - Occhi
- Mani
Ho bisogno di
vederla. Devo ritrovarla. Il giaccone nero ha il cappuccio alzato, il bordo di
pelliccia grigia incornicia il suo volto.
Sotto, la sua
prima camicetta da sera, grigio argento ed il pullover che le avevo fatto, una
nuvola rosa. Piccoli fiori tra le dita intrecciate e vicino, la sua bambola,
per non farle troppo male.
Di ogni cosa ho
memoria, non del suo volto.
Esco,
disperata, dicendo che non é lei.
1. Occhi
Non so che ore
siano. Arrivano due amici. Uno è un noto politico, l' unico che abbia visto, ma
soprattutto un ottimo amico. Gli occhi azzurri, con un'espressione allibita,
pendono all'ingiù. Un abbraccio e una frase: "E noi che abbiamo parlato
tanto di non violenza!"
L’immaginario
non è mai tanto violento, quanto la realtà.
La farfalla
La fragilità delle ali su un corpo
tozzo. La bellezza dei colori e il grigio vellutato.
Una
farfalla segue la mia vita. Da pochi anni. Non da sempre.
Una
farfalla brunetta.
Le ali a
piccole macchie arancioni. Sembra che un raggio di sole si sia posato un
istante, lasciando un segno indelebile.
Un segno.
Il segno.
Appare
all’improvviso.
Sempre in
momenti particolari.
Mi gira
intorno più volte. Si ferma. Un fremito nelle ali.
A volte
sulle mani, a volte su una spalla.
Vola nuovamente in cerchio. Cinque, dieci minuti. E via.
A volte
torna dopo qualche ora. A volte passano mesi.
Sempre in
momenti particolari. Mai per caso.
Vicino ad
un nonno ancora inconsapevole della sua malattia. Vola a lungo e lui la
riconosce. Dice: vedi, è qui. Passano mesi difficili. Torna a posarsi su mani
di donna. L’uomo della sua vita se ne è andato. La farfalla brunetta posa i
suoi milligrammi che sollevano lo spirito. Dice: vedi, sono qui. Appare quando la nostalgia mi avvolge.
Anche in una sera di dicembre. Fuori gela. Grandi ali volteggiano in casa. Lo
stupore è grande. L’accompagniamo delicatamente fuori. Ho paura che muoia di freddo.
So invece che non sarà così. Mi lascia sul tavolo un piccolissimo frammento di
colore.
Dice: vedi, sono
sempre qui.