mercoledì 26 dicembre 2012

Natale




Natale

Terra di bontà.
Si coltivano buoni sentimenti.
Sementi a buon prezzo.
Frutti veloci
maturati in una notte.
Domani è altro.
Toglietevi dai piedi
siamo al ventisei.





Di-versi

martedì 25 dicembre 2012

Rari fiocchi di neve


Rari fiocchi di neve

Intirizziti
dal lungo viaggio
si lasciano cadere
pigri.
Sospinti
lentamente
a terra
da un sospiro gelido.
Si addormentano
vicini
sognando l’immortalità.

domenica 11 novembre 2012

Quando



Quando la solitudine ti si appiccica addosso come l’olio per oliare la catena, che ti imbratta le mani, entra sotto le unghie e non puoi grattarlo via e vorresti lavare anche lei,
quando la senti far parte di te, che non basta una birra e una sigaretta speziata,
quando ti vengono le lacrime e non riesci a ricacciarle indietro,
quando hai un amore che c’è e non c’è e forse è meglio così, perché ti trovi insopportabile da sola,
quando nemmeno la musica in cuffia non ce la fa a risvegliarti l’anima, perché risveglia ricordi,
quando i ricordi sono lame affilate,
quando vorresti andare a dormire e sognare, ma i sogni fanno male,
quando una telefonata sarebbe gradita, sperata, desiderata,  ma sai che non sarebbe mai quella giusta,
quando la delusione e la tristezza sono più forti di qualunque cosa,
quando,
quando le albe e i tramonti non sono diversi,
quando il gatto ti si sdraia lascivamente addosso e pensi che meno male almeno lui sa di cosa hai bisogno,
quando la solitudine è così spessa da tagliarla col coltello e il tempo ti inganna,
niente è possibile,
niente è rimediabile.

giovedì 1 novembre 2012

Achille


Ricordo bene mio nonno Achille, avevo grande affetto e un sacro timore di lui. Potermi sedere di nascosto sulla sua poltrona di fianco alla stufa era la massima trasgressione. Ricordo più il profumo dei suoi sigari toscani, biondi e morbidi, che mi mandava a comprare sotto casa, che la sua voce. Ricordo la trasparenza della sua pelle, l'ultima volta che lo vidi all'ospedale. Aspettavo la mia prima figlia, non l'avevo detto a nessuno e lui me lo lesse in faccia. Lo ricordo come una visione, in una giornata assolata sulla spiaggia di Carrara, seduto sulla sdraio sotto l'ombrellone, vestito completamente di bianco, con un elegante cappello di paglia. Mi chiamava Maura e per me è un nome che profuma di famiglia antica.


venerdì 26 ottobre 2012


La mia parola è Stupore. Ha un suono forte nella prima sillaba STU, come un colpo, una porta che sbatte,  e un suono dolce nelle seconde PORE, un suono quasi aspirato. Stupore, sempre qualcosa mi stupisce. I colori della natura come l'ignoranza degli uomini, le parole d'amore come le parole della cattiveria. Mi stupisce lo sguardo di ogni età, la sincerità dei bambini, la saggezza dei vecchi. L'arroganza dei potenti, la sensibilità di alcune anime, il pudore, la vergogna, l'orgoglio. Il pianto di disperazione, il pianto di felicità. Mi stupiscono le bugie e le verità. Il rumore dell'acqua, il canto del vento, il fruscio del mare calmo. La grana fine della sabbia, la superficie delle rocce. L'ultimo fiore aggrappato alla montagna, il cadere lento della neve. Mi stupisce la pioggia incessante, il tuono improvviso, il ritorno del sole. Che bella parola lo stupore. La prendo per me.

martedì 16 ottobre 2012

Michael a Solda

Qualche anno fa Michael Jackson arrivò a Solda. Rimase tre giorni, aveva un piede ingessato e camminava con le stampelle. Così si vide poco in paese. Soggiornava in una grande casa tutta di legno a poca distanza dalla mia. Vi confesso che il pensiero mi emozionava. Si fece curare dalla dottoressa del paese, senza fare storie. Andò a cena in un ristorante del paese, mangiò pesce. Calmo, timido e silenzioso. L'anziano cameriere ricorda le sue mani, "così rugose, così da vecchio, con la pelle così sottile e fragile", mi disse. La grande star, l'uomo da trattato di psichiatria, con tutte quelle paure, quelle fobie, quelle manie, sapeva essere un uomo mite, tranquillo, gentile. Avrei voluto incontrarlo e parlargli, non osai, mi tenne lontana la sua solitudine. Ciao Michael, sei un tassello dei miei ricordi più teneri.

giovedì 11 ottobre 2012

Hullygully d'Oriente


Herat, Afghanistan 1972
La famiglia di Azam Nazubkin è molto numerosa. Non riesco a capire chi sia la moglie, chi i figli, quali i nipoti. Vivono tutti insieme in una bassa casa di mattoni di terra cotti nei forni a cielo aperto sparsi per tutto l’Afghanistan. Io sola posso vedere i volti delle donne e avere il grande onore di mangiare con gli uomini, seduta sul grande tappeto. Si mangia „mantoo“. Ancora oggi ha nostalgia del nome e ancora il sapore di carne, spezie e yogurt sulla punta della lingua. Dopo cena mi fanno accomodare in un’altra stanza, cortesemente, ma senza possibilità di replica. Non ci sono mobili, solo tappeti e cuscini lungo le pareti. Piccoli quadri e un calendario sono appesi ai muri irregolari. Le donne si guardano complici e ridono. C’è musica e mi mostrano divertite i loro balli tradizionali. C’è molta allegria. Ad un certo punto mi invitano a ballare, vogliono vedere come si balla in Italia. Mi sento all'istante una scema senza radici, non  so ballare una danza tirolese, nemmeno una tarantella. Vestita come un'afghana, tra grandi risate, ballo il più disperato, imbarazzato e solitario Hullygully della mia vita. 

domenica 30 settembre 2012

andare


Sperimentare ... conoscere ... scoprire ... sorprendersi ... imparare ... sognare ... mangiare ... bere ... dormire ... gioire ... spaventarsi ...  ridere ... piangere ... sudare ... spazientirsi ... ammalarsi ... guarire ... parlare ... vedere ... guardare ... ascoltare ... bagnarsi ... asciugarsi ... camminare ... correre ... stancarsi ... riposarsi ... assorbire ... rifiutare ... annusare ... annuire ... dissentire ... approvare ... annoiarsi ... eccitarsi ... stupirsi ... perdersi ... innamorarsi ...
... ANDARE.

venerdì 14 settembre 2012

Al tempo delle cuccette

28 luglio 2000

Non servirebbe neppure mettere un cartello. Bolzano - Reggio Calabria. Basterebbe chiedere un'informazione qualunque all'addetto del vagone letto. Ti accoglie con un caldo accento carico di doppie e leggermente strascicato. Questo treno non può andare che al Sud.

*

I miei vicini di scompartimento sono una famiglia. Mai sentita tanta volgarità. La figlia adolescente proclama ad alta voce che deve "fare la piscia". Ad Ostiglia fa rime volgari e il padre ride a bocca aperta, fiero di tanto spirito.


*

Il tramonto è una cartolina kitsch, ma è molto più bello. Un dipinto giapponese con troppo colore. Tutto diventa rosa, indaco e grigio.

*

Il treno si inclina in curva e un bambino preoccupato grida: "Il treno si è stortato!"
*

Chiedo a mio figlio di accendere la sua luce sul letto per lasciar dormire sua sorella. Mi guarda con le cuffie alle orecchie, alzando gli occhi dal libro. Apre indice e medio e mormora "peace, love and understanding". Ha 15 anni. La signora vicina, che cerca di far passare il tempo alla sua bambina di due anni mi guarda e lancia un "ma allora non migliorano ..."

martedì 11 settembre 2012

C'era una volta, sì, c'era una volta e ora non c'è più, una bambina. Una bambina come tante, allegra, curiosa, sensibile, capricciosa, pigra, creativa, istintiva e testarda. Una bambina. Una vita normale con le difficoltà normali di una vita normale. Cresce un po' ma non tanto e incontra, per caso, in un giorno freddo e grigio, un ragazzo più grande che se la porta via in un attimo nell'inferno del suo delirio.
C'era una volta, anzi, c'erano una volta, due genitori, quattro nonni, zii e cugini che in quello stesso attimo si sono visti scivolare via la vita dalla propria, si sono sentiti senza sangue e senza futuro.
C'era una volta e, maledizione, ci sono ancora uomini che parlano e scrivono di cose che non sanno, di sofferenze altrui come fossero le proprie, con una facilità aberrante.
C'era una volta un sogno di serenità che è impossibile ritrovare.

"Una piccola piazza
con il tuo nome.
Che buffo, avresti detto,
Piazza Marcella Casagrande!
Vorrei spiegarti:
non è che abbiamo bisogno
di una targa per ricordarti.
E' che ci piace l'idea
che altri passino di qua
e leggano il tuo nome
e pensino a te e a tutte le ragazze
che non sono diventate donne,
mamme, sorelle, zie.
Che stanno bene insieme a te
a ridere e ballare
e raccontarsi storie
sulle panchine
di questa piazza".

venerdì 7 settembre 2012

Iran


Bolzano, 1997
Un gruppo di amici sono reduci da un viaggio „10 giorni in Iran“.
Racconti di viaggiatori in un paese difficile. Sono documentatissimi su storia, archeologia, politica. In dieci giorni hanno cercato di assorbire tutto. Qualche fotografia, ridicole donne occidentali coperte fino ai piedi in luoghi magici, nessuna che renda giustizia alla bellezza dei luoghi.
Stupore. L’Iran era striato di colori, ogni variazione di ocra. Pieno di occhi curiosi di bambini e di volti rigati dalla fatica. Di acri sapori e profumi inebrianti. Di saltimbanchi dai capelli arancioni. Di donne, occhi profondi e nasi importanti. Di domande. 
Incollata nella mente una distesa di lampadine accese, bianche, rosse e verdi, specchio per le allodole, sogno della presenza del re. 

mercoledì 5 settembre 2012

Bali


Bali, 1980
Seduta sulla scogliera, socchiudo gli occhi per schermare il riverbero del sole sul mare.
Il tempio di Tanahlot, in basso, minuscolo come in una pittura giapponese. Rari visitatori si aggirano discreti, con il selendang  rituale bianco avvolto al collo o legato sulla vita. Grandi onde silenziose si infrangono lontano, sulla barriera. Vicino a me, altissime canne di bambù intagliate, accolgono il vento rilasciando note dissonanti che mi riempiono l’anima. Un respiro.



lunedì 3 settembre 2012

Il numero uno


Solda, anni '90
In montagna, una casa aveva un ospite illustre. Era “il numero uno“. Per qualcuno ridotto ormai ad una frazione, per altri sempre un mito. Il lato sud della casa era trasparente come una serra. Non vi era neppure una pianta, ma  era completamente aperta allo sguardo. Così si poteva assistere alle scene di vita quotidiana di un grande. I turisti ne erano al corrente e a gruppetti si avvicinavano a curiosare, ammirando estasiati il mito, quando era presente, accontentandosi altrimenti di ammirare l’arredamento e gli accessori. Il numero uno rimaneva seduto un numero infinito di ore nella stessa posizione. Leggeva mentre intorno tutto scorreva come in ogni famiglia, pranzi, merende, giochi dei bambini. Ogni tanto sfogliava una pagina, talvolta alzava una mano con  un gesto papale, altrimenti si sarebbe potuto pensare ad un manichino sistemato lì dall’ Azienda di Soggiorno. La casa era trasparente a tal punto da poter vedere all'interno i letti con i candidi piumini.
Qualcuno si era già prenotato per la finestra della casa di fronte, la terza da destra, secondo piano. 






domenica 2 settembre 2012

Bolzano, fine anni '50


Bolzano, fine anni ‘50
Era un bellissimo gatto siamese. Non poteva vantare troppi quarti di nobiltà, perché aveva la coda di un gatto plebeo. Era bellissimo, amato ed odiato. Vittima e carnefice. Era riuscito a vendicarsi degli esperimenti a cui lo sottoponevano, divorando con gusto ogni capo di lana che trovava in giro e ricordandosi diligentemente di vomitare schiumette lanuginose sotto le sedie della cucina (venne comprato tre volte lo stesso maglione, sostituendolo furtivamente nel cassetto del padre, che gli avrebbe fatto prendere ben altre strade). Alla fine degli anni cinquanta la cagnetta Laika vagava nella solitudine dello spazio e loro, consci dell’importanza del momento storico, testavano sul gatto Silvestro (inevitabilmente maldestro) l’effetto della centrifuga su un animale domestico. Avete mai provato a far girare vorticosamente una povera bestia nella borsa della spesa della mamma? Anche i gatti, maestri d’equilibrio, hanno le loro difficoltà. Gli misurarono la febbre e provarono a mettergli una supposta di Polagin (in fondo la mamma non faceva lo stesso con loro?). Provarono a calarlo legato con una corda, dalla finestra del terzo piano, fino in giardino. Gatto Silvestro, unico gatto al mondo in preda a crisi di vertigini, cercava disperatamente una via di fuga attraverso la porta d’ingresso. Ad ogni squillo di campanello la madre gridava automaticamente: "il gattooo!"  Il figlio maggiore, con in mano le forbici prese dal cassetto di cucina con cui si tagliavano pezzetti di polmone, pranzo del martire, si gettava all’inseguimento. Fu così che impararono, vedendo quel fratello magro e lungo vagare in giardino chiamando e aprendo ritmicamente le forbici, chi mai fosse Pavlov con i suoi riflessi condizionati.

venerdì 31 agosto 2012

Bolzano, 1958


Bolzano, 1958
Una domenica di primavera. L’aria era tiepida e qualche bassa nuvola residuo della notte, pronta a dissolversi al sole. Silenzio rotto a tratti da cinguettii. Achille e Beppa, due parrocchetti azzurro e giallo acido, vennero lasciati volare, liberi in una stanza. Achille, timido e introverso, si ritraeva all’avvicinarsi di una mano, preferendo restare in un angolo della gabbia in un brontolio sommesso e incessante. Beppa, al contrario, possedeva un carattere esplosivo. Strillava in continuazione, beccando chiunque si avvicinasse e, non contenta, si lasciava cadere di peso, sorreggendosi solo con il becco aguzzo. Una tortura. Avevano ereditato i loro nomi dai vecchi nonni della famiglia, ricalcandone il carattere. La nonna non beccava lasciandosi cadere appesa alle sue vittime, ma era un pericolo costante.
Quella domenica mattina di primavera, i nonni si erano recati in visita dai nipoti. Al loro arrivo  la casa si riempì di chiacchiere e l’estroversa nonna, prima che chiunque potesse aprire bocca, spalancò allegramente le finestre.