martedì 19 novembre 2013

Lilia


A te, Lilia, minuta e forte donna che ha condiviso una parte del mio cammino nella vita. Che parte ti è toccata, la peggiore, la più pesante e invivibile per chiunque. L'abbiamo vissuta e passata con un ombra diversa negli occhi, con l'inevitabile sensazione comune del dolore, con il senso di un filo d'acciaio tra noi che non si sarebbe mai spezzato. Quante volte mi hai detto che per te rimanevo solo io, che ero forte e brava, che sembravo una ragazzina. Io che avevo timore di te, della tua perfezione, della tua educazione, della tua classe innata, del tuo giudizio. Tu mi facevi complimenti e io pensavo che di te non avevo capito niente. Magari non ci sentivamo per un po' e alla prima telefonata il tempo trascorso si annullava. Negli ultimi tempi hai voluto vedere Anna "la popa". Come Marcella "la popa". Mi dicevi cose che non potevi dire ad altri, sapevi che avrei capito e anche sofferto di alcune. Mi dicevi chi volevi o non volevi vedere. Come se io avessi potuto aiutarti a non ricordare, a non soffrire ancora. Non potevo fare nulla e lo sapevi ma io ero lì. Ora ti penso in chiacchierate infinite, in abbracci e baci, in occhi vivaci. Tienimi una mano sulla spalla Lilia

1. Occhi - mani 3.01.1985

“Io sono la nonna”.
Occhi, lo sguardo fisso a terra,  per non incontrare altro sguardo,  per non vedere.
Le sue belle mani senza energia, una a sorreggere il capo, l'altra abbandonata in grembo.
Un'immobilità che sprigiona dolore e sgomento. In modo automatico ripete a me e a se stessa:  "Stai tranquilla, stai tranquilla".
Due madri.

1 commento: