martedì 28 maggio 2013


Prenotare e stare in fila




Disneyland, Paris. 
Le parole d’ordine sono fondamentali: P R E N O T A R E  e  S T A R E  I N  F I L A .
Si prenota tutto ed è la prima cosa di cui mi avvisano appena arrivo, dopo aver prenotato il volo e l’albergo. Può sembrare ovvia la prenotazione di un tavolo per la cena. Lo si fa anche nella propria città. All’affollato banco „Reservation„ mi chiedono con voce flautata per che ora desidero prenotare la prima colazione. Dalle sette ogni mezz’ora un turno. Considerato che vado in vacanza senza sveglia, inizio a indentificarmi con i forzati. La mattina seguente assisto al turno seguente, che divora il buffet come un'ondata di locuste africane. La differenza è nelle briciole rimaste. Le locuste non avrebbero avuto pietà. I turisti sono minimamente educati.
L’albergo è dotato di una bellissima piscina, ogni comfort, scivolo e idromassaggi, ma per che ora voglio prenotare? Mi perdo in calcoli sulla stanchezza delle masse.
Nonostante la prenotazione mi ritrovo in fila. Più corta di quella di coloro che non hanno prenotato, ma sempre e comunque in fila. Sono talmente abituati ed organizzati a gestire code che, con appositi cartelli, molto gentilmente, danno i tempi di attesa: „Da questo punto 30 minuti di attesa“. O 60 o 15 o 90. Così uno sa come passare il tempo. Posso, tenendo stretto il posto, ammirare il paesaggio, indovinare la nazionalità delle persone dall’abbigliamento o cercare di decifrare le scritte della T-shirt del metro e novanta norvegese davanti a me. Imparare le lingue è sempre un vantaggio. Posso imparare il nome di una carrozzeria di Trondheim o una parolaccia. Fa sempre parte del bagaglio culturale. Le attrazioni durano in media quaranta secondi. Sono attimi che lasciano meravigliose code nella memoria.

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